(In data odierna, a seguito del crollo di una parte del controsoffitto della nostra scuola, è sorta tra gli studenti una manifestazione spontanea. Dettagli qui )

Il problema non è il Gastaldi-Abba, o gli istituti tecnici, o le scuole di Genova. Il problema è il ruolo del tutto secondario dato all'istruzione (che non produce denaro ma ahimè 'solo' teste pensanti) nel nostro Paese. Il problema è la decadenza della considerazione sociale dei docenti - del resto chi potrebbe prendere sul serio una categoria che accetta uno stipendio ridicolo di contro a anni di studio, titoli (a pagamento), concorsi beffa, condizioni lavorative da terzo mondo ed enormi responsabilità (tanto etiche quanto legali)? A chi importa davvero del senso critico dei ragazzi quando lo scopo è palesemente formare macchine da lavoro a basso costo? Di cosa stiamo parlando se una volta, una, che qualche studente prova a mettere in campo i propri diritti c'è chi continua a fare la sua lezioncina come se davvero fosse la priorità andare avanti come muli a parlare di Petrarca, di calcestruzzo, di derivate, di scuola digitale, mentre intorno a noi tutto sta crollando (dentro e fuori di metafora)? Stiamo perdendo il senso delle cose, ci sfuggono di mano, in quest'epoca di barbarie sociale, le priorità. Siamo sempre sotto minaccia di una sanzione: e la nota, e la sospensione, e il richiamo disciplinare, e i paletti sempre più stretti attraverso i quali fare slalom per poter manifestare le proprie idee senza incorrere nelle punizioni conseguenti a quelli che sono considerati veri e propri reati. Là fuori, al di là delle (famigerate) pertinenze di quel micromondo meraviglioso che potrebbe essere la scuola - una comunità, una famiglia, in cui dovremmo fare continuamente germogliare il confronto e il dibattito, in un ambiente sereno, che ha al centro gli studenti e che conosce e valorizza la differenza enorme che passa tra sanzione e educazione - il mondo va avanti totalmente incurante dei soffitti che crollano, dei topi che bivaccano, delle migliaia di ragazzi che vorrebbero solo avere le parole per immaginarsi un futuro migliore di quello che gli stiamo preparando. Se noi, come docenti, non siamo capaci di stare dalla parte di noi stessi come categoria, almeno sforziamoci di stare dalla parte dei ragazzi che si meritano molto di più di quello che gli stiamo offrendo. Altrimenti meglio una nobile resa, e cambiare mestiere. Sarebbe più onesto.
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