Questa parte del blog aspettava un momento giusto per cominciare, e quel momento forse è arrivato, oggi, che è primavera, e il terribile inverno è ormai alle spalle (non lo scontento, ahimè, il terribile angoscioso scontento che ci attanaglia).
Ma è primavera, comunque, e qualcosa si ostina a rinascere anche nella distruzione. È qualcosa di ancestrale e profondo, come l'ululato di Moki nel sonno. Moki è un labrador, cane mansueto per indole, ma Moki oltre a essere un labrador con la sua indole da labrador mansueto è anche imbranata, goffa, coccolona fino all'esagerazione, giocherellona ed estremamente buffa. Insomma non c'è niente di selvaggio in lei, cane da divano e biscottino. Eppure. Eppure certe notti, nel silenzio assoluto, nel buio totale, comincia a ululare. Un ululato profondo, cupo, straziante. Un grido animale nel vero senso della parola. Per qualche secondo Moki non è più Moki, ma torna a essere Zanna, come era all'anagrafe, come era appena nata, o forse come era molto tempo più indietro, 15000 anni fa, quando il cane non era cane ma era solo lupo, predatore fiero e selvatico che ululava per avvertire del pericolo, per radunare il branco - o per richiamare un compagno lontano, che forse non sarebbe mai tornato indietro. Io lo so che ci sono tante teorie sull'ululato dei cani, ma non mi interessano. Sono convinta che Moki, di notte, abbandoni anni, millenni di domesticazione, e in quello stato di incoscienza torni a essere lupo, un lupo fiero che corre in qualche zona remota del Nord America, forse proprio nelle fredde terre del Labrador: prima dei cani, dei biscotti, dei divani. Prima del giorno. Dopo l'inverno. In una lunga notte di Primavera, magari proprio questa, la notte dell'equinozio, una notte in bilico in cui possiamo dimenticare il presente e sognare di essere di nuovo liberi.
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